
L’Isola si colloca al primo posto in Italia per superficie dedicata alla coltivazione biologica della vite
La Sicilia ha chiuso il 2018 in 4a posizione quanto a livelli di produzione vinicola, con quasi 5 milioni di ettolitri, corrispondenti al 10% della produzione nazionale.
Sul fronte della qualità i vini della Sicilia si confermano al top: la gran parte del vino prodotto in regione (l’82,5% per la precisione, in crescita del 3% rispetto al 2017) è costituita da vini DOP (28%) o IGP (54%). Conseguenza diretta di tale situazione è l’ottima performance registrata dalla Regione in termini di valore economico generato per il segmento dei vini certificati: la Sicilia, con 550 milioni, si piazza in quarta posizione, superata solo da Veneto, Toscana e Piemonte.
La Sicilia si colloca al primo posto in Italia per superficie dedicata alla coltivazione biologica della vite. In Regione la superficie di vigne a coltivazione biologica ha superato i 35.900 ettari, pari al 34% della superficie nazionale (d ati al 31 dicembre 2017).
Una regione, la Sicilia, che si conferma ai vertici nazionali per qualità della produzione e capacità di generare valore. Questa è, in sintesi, la fotografia del mondo del vino in Sicilia contenuta nell’Industry Book 2019, lo studio che UniCredit conduce annualmente su tendenze, dinamiche competitive e prospettive di sviluppo e crescita del variegato comparto vitivinicolo nazionale, presentato oggi a Palermo.
Industry Book 2019 – Il settore del vino
Il report, partendo da dati “macro” su fenomeni inerenti i consumi e la produzione di vino su scala mondiale, individua, dati alla mano, numerose tendenze ed evidenze a livello nazionale e regionale e traccia un quadro prospettico su dinamiche cruciali come l’andamento dei flussi di export. Un settore che prosegue nella propria dinamica di crescita e che conferma, con risultati apprezzabili, il processo di riposizionamento su uno scacchiere mondiale in continua e rapida evoluzione
Fatturati: In Italia il settore del vino conta circa 2 mila imprese industriali e fattura oltre 11 miliardi di euro, l’8% circa del fatturato nazionale del settore Food&Beverage. Le cooperative (cantine sociali e consorzi) valgono circa il 40% del fatturato settoriale e il 60% della produzione in volume. L’intero comparto denota una propensione all’export elevata, con un valore di 6,2 miliardi di euro generato sui mercati esteri. (il 54% del fatturato totale, in aumento rispetto al 51% del 2017). Su questo versante picchi di eccellenza si registrano nei segmenti dei vini DOP/IGP e degli spumanti, con una propensione all’export che si attesta, rispettivamente, al 58% e al 63%.
Volumi di produzione: Nel 2018 la produzione di vino in Italia è stata molto abbondante; con una produzione globale di 50,4 mln di hl sono stati superati del 10,5% i livelli dell’anno precedente. L’Italia si conferma così, per il quarto anno consecutivo, il primo produttore mondiale di vino, con un contributo di circa il 17% dalla produzione mondiale. In particolare è aumentata la produzione di vino DOP (+21,7% anno su anno, di cui +23,4% rossi e +20,5% bianchi) mentre l’IGP ha registrato un aumento più contenuto (+2,5% anno su anno).
Vini DOP e IGP: Con 523 prodotti certificati, l’Italia detiene il primato mondiale dei vini certificati IG (DOP e IGP). 1 vino certificato su 3 in ambito europeo viene prodotto in Italia (Francia seconda con “soli”435 vini), tanto da far sì che ben il 68% del vino prodotto in Italia nel 2018 sia DOP o IGP, con un “peso specifico” maggiore rispetto all’anno precedente (+3%).
Consumi: Nell’arco degli ultimi 15 anni i consumi globali di vino sono aumentati del 6,6% annuo, attestandosi, a fine 2017 a 243 mln di hl (Fonte: OIV). Continua il processo di redistribuzione dei consumi mondiali: la crescita della domanda è sostenuta principalmente dalle economie emergenti sudamericane e asiatiche, con la Cina che ha più che raddoppiato i suoi consumi. Gli Stati Uniti risultano a fine 2017 il primo mercato mondiale, con oltre 32 milioni di hl che pesano per il 24% dei consumi totali. L’Italia è in terza posizione per consumi, con oltre 22 milioni di hl, in crescita dello 0,9% rispetto all’anno precedente e rappresentanti il 9,3% della domanda mondiale.
Scambi internazionali e export Italia: Nel 2018 le vendite mondiali di vino hanno superato i 30 miliardi di euro, in crescita dello 0,8% rispetto all’anno precedente e a dispetto della contrazione dei volumi globali (-6,7% a/a). Sul fronte delle importazioni si registra un grado di concentrazione relativamente moderato con i primi 10 paesi importatori in grado di intercettare solo il 67% degli scambi globali. Gli Stati Uniti si confermano primo mercato mondiale ma buone dinamiche di crescita si registrano per mercati “maturi” come Belgio (+2,7%), Germania (+1,9%) e Paesi Bassi (+1,3%). Viceversa i paesi esportatori sono molto concentrati, tanto che i primi 3 paesi UE esportano il 60% dell’export mondiale.
In questo quadro l’Italia detiene una quota del 19,8% del totale export in valore, con 6,2 mld € di vendite sui mercati esteri. Dall’analisi emerge come nell’ultimo decennio le esportazioni italiane di vino abbiano puntato sempre più sulla qualità, come rivela la rapida crescita delle vendite in valore (+5,2% medio annuo nel periodo 2007/2018) rispetto ai volumi esportati, rimasti invece quasi invariati (+0,3% nello stesso periodo). Tale tendenza si è confermata anche nel 2018, con il valore dell’export in crescita del 3,3% sull’anno precedente nonostante il calo dei volumi (-7,8% a/a). Gli USA rimangono il primo mercato di sbocco, seguiti da Germania e Regno Unito. Questi 3 mercati insieme assorbono più della metà (53,6%) dell’export italiano globale. Tra i mercati di destinazione che crescono di più rispetto al 2017 si segnalano la Francia (+10,1%), la Svezia (+7,5%) e i Paesi Bassi (+5,6%).
Outlook e prospettive: Per il prossimo quinquennio l’OIV stima un fatturato mondiale del settore vino in crescita dell’1,5% annuo, tale da superare nel 2023 i 350 miliardi di dollari. Anche per l’Italia l’outlook si conferma moderatamente positivo, grazie soprattutto alla domanda estera mentre per i consumi interni le stime rimangono più caute.
A trainare i fatturati sarà la spesa globale per il consumo di vino: il progressivo ampliamento del reddito disponibile e della classe media nei paesi emergenti, unito al maggiore orientamento verso i vini di qualità in Europa, porterà ad un’accelerazione rispetto agli ultimi 5 anni , con un tasso medio di crescita per il periodo 2018-2023 del 3,8%.
Guardando ai singoli Paesi, secondo un’elaborazione UniCredit su dati NOMISMA WINE MONITOR i mercati più interessanti per l’export di vino italiano nel 2020 saranno:
per i vini fermi: la Cina, dove sono previste volumi di vendite in aumento dell’11,9%, il Canada (+6,5%) e e il Giappone (+4,2%)
per gli spumanti: conferme per Canada, USA e Cina, dove si dovrebbe registrare una crescita rispettivamente del 18,4%, del 14,6% e del 12,2%
Da segnalare le stime al ribasso per la Germania, partner commerciale storico in cui si dovrebbe assistere a una contrazione dei consumi, sia nel comparto dei vini fermi (-0,1%), che negli spumanti (-0,8%).
Performance economico-finanziaria: L’analisi UniCredit su un campione di 685 imprese produttrici di vino che hanno depositato il bilancio negli ultimi 5 anni conferma le buone performance del settore nel periodo 2013-2017, con una crescita del fatturato ad un tasso medio annuo del 3,9%. La classificazione delle imprese per fatturato segnala un andamento migliore delle imprese con fatturato superiore a 5 mln € rispetto a quelle con fatturato inferiore a tale soglia, confermando che in questo settore la dimensione conta favorendo un migliore posizionamento sul mercato, soprattutto grazie a reti di vendita più articolate e alla capacità di andare all’estero.
I margini del settore nel quinquennio sono aumentati ad un tasso medio annuo del 5,8% riflettendo il progressivo posizionamento delle imprese su una tipologia qualitativa migliore. Anche qui si rileva la migliore performance delle imprese con fatturato superiore a 5 mln €, mentre le piccole riflettono una sensibilità maggiore all’andamento della domanda.
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